Job&Pop: il lavoro visto dalle canzoni – a cura di Marco Ghiotto

1)   NEW TROLLS  “Una Miniera”, dall’album “New Trolls”, pubblicato nel 1970.

E poi c’è il lavoro duro, quello sporco, faticoso, pericoloso, talvolta mortale.
Che mica lo si vuole fare, anzi, lo si fugge come la peste e se la vita grama e le necessità dovessero spingertici dentro, quasi se ne prova vergogna.
Diceva il saggio Giorgio Bracardi: “In miniera!”
Nel 1970 inizia la stagione del pop italiano, che in realtà era il progressive de noantri ma chissà perché in quegli anni lo si chiamava pop, persino i Pink Floyd erano un gruppo “pop” per i vari Ciao 2001 o Sorrisi e Canzoni Tv.
Di fatto, la scena non voleva essere banale e cantare di Lise dagli occhi blu o di cuori matti che giorni e notti pensan solo a lei.
L’azzardo era il sociale, ma un sociale ovviamente originale.
Cosa meglio della miniera?
“Il sole nasceva ma io non lo vedevo mai laggiù era buio
Nessuno parlava solo il rumore di una pala che scava che scava
Le mani la fronte hanno il sudore di chi muore”
Che sia davvero così è praticamente assodato.
Ma come in ogni storia, c’è una penelope che attende.
“Ritorna alla mente il viso caro di chi spera
Questa sera come tante in un ritorno.“
Il nostro eroe di tanto in tanto torna a casa e lei è felice e vorremmo pur vedere.
Ma qui il lavoro è una categoria dell’anima, anzi di più, è metafora del destino stesso.
In poche parole: sfiga.
“Ma un’alba più nera mentre il paese si risveglia
Un sordo fragore ferma il respiro di chi è fuori
Paura terrore sul viso caro di chi spera
Questa sera come tante in un ritorno.“
Ecco, adesso non tornerà più.
Il dibattito allegrotto è sulle morti in cantiere e sul concetto stesso di diritto, di sicurezza, di salute e “normalità”.
Già, la normalità, che se fosse così allora Bracardi dove ti manda a te che non hai voglia di far niente, eh?

Marco Ghiotto insegna e scrive di musica. E’ autore di PopLife

http://www.youtube.com/watch?v=G9rbfnSrIVk

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