GLENN CAMPBELL “Whichita Lineman”, pubblicato come singolo, Ottobre 1968.
Lavorare, più che stancare, allontana.
Dall’ozio, troppo spesso giudicato per i figli, che è invero sempre un ottimo antidoto alla smania.
Dalla famiglia, che nelle ore del mattino e del pomeriggio vive in una galassia fatta di racconti a tavola e parecchia immaginazione.
Da tutto quello che, mentre si è occupati forzatamente, appare impietosamente come “meglio” o per lo meno come non utopica libertà.
Tutti i lavori più o meno allontanano, ma alcuni lo fanno estremizzando il concetto.
Non so come siano le giornate di uno che si spacca la schiena in una piattaforma in mezzo all’oceano o in un laboratorio al polo nord, e non so nemmeno come siano i bonifici in entrata, ma l’immagine di alienazione mi è piuttosto chiara.
Deve avere avuto la stessa sensazione mister Jimmy Webb, compositore sopraffino dell’america sudista, mentre un giorno si trovava al volante della sua ford (qui improvviso ma me lo faccio un tipo da ford) lungo la contea di Whichita, nel sud-ovest dell’Oklahoma.
A quel tempo, molte compagnie telefoniche erano di proprietà delle contee ed i loro “uomini di linea” (che tradotto è una specie di “guarda fili”, il lineman del titolo) erano impiegati della contea stessa.
Guidando con davanti un sole pieno al tramonto, rimane affascinato dalla continua serie di pali del telefono, come alberi senza foglie, uno dopo l’altro, ma nell’ultimo, verso l’orizzonte, si staglia una silhouette sulla sommità.
Il paesaggio, già di per se scabro e immobile come una natura morta post-moderna, ha un suo uomo del faro: il guarda fili, da solo, in cima al palo, col sole che cala dietro di lui.
Per Jimmy Webb quella diventa l’immagine stessa della solitudine.
Come fanno i grandi autori, si mette nella testa dell’impiegato e scrive il pezzo.
“Sono un guarda fili per la contea, e guido lungo la strada principale alla ricerca di un altro sovraccarico”
La gente ordinaria ha pensieri straordinari, e li esprime da tali.
L’essere solo, quasi perso, e non poter comunicare, beffardamente a causa di un lavoro proprio nelle comunicazioni, fa volare la fantasia del nostro uomo.
“Ti sento cantare attraverso il filo, ti ascolto in un fischio che percepisco”
Lui rimane “on the line” che significa sia, letteralmente, “in linea” che “in attesa”, sospeso tra il fare e il cercare, su da solo su quel palo al tramonto.
“So che avrei bisogno di una vacanza, ma qui non pare minacci pioggia”
Perché chi lavora solo, all’aria aperta, coi cavi elettrici in mano per sopra conto, spera più nel temporale che nel sindacato, e se hai un cuore è impossibile non ti scaldi la scena di lui che guarda l’orizzonte e scruta le nuvole e poi respira, si accende una camel (ford, camel, è tutto un product placement mentale lo so) dà tre tiri e poi scende piano.
Un cuore ce l’ha Glenn Campbell che prende la canzone di Jimmy Webb e ne fa una versione iper-prodotta che però diventa quella definitiva, con tanto di tintinnio di pianoforte a rappresentare il fu telegrafo, lo scorrere dei dati lungo il filo, lo scorrere del tempo solitario del nostro eroe.
Suonala ancora, Glenn.
a cura di Marco Ghiotto, autore di PopLife
http://www.youtube.com/watch?v=QTfwcLdP5Xk