Job&Pop: il lavoro visto dalle canzoni

R.E.M.  “Daysleeper”, dall’album “Up”, pubblicato il 26 Ottobre del 1998

Achille Campanile, genialmente faceva notare che “chi si alza presto rimprovera sempre chi si alza tardi e li vorrebbe mattinieri anch’essi, mentre non si è mai sentita nemmeno una sola persona tra quelle che si alzano tardi prendersela con chi si alza presto”.
Son cose che contano.
Dormire poco è da sempre prerogativa fondante nei discorsi sul lavoro, su quello da ufficio soprattutto, quello che “grazie a Dio è venerdì” e la sveglia finisce dentro al cassetto per un paio di giorni.
I ritmi di vita son segnati dai turni, dalla massa che fa i due scalini per salire sul tram, dal ghiaccio da togliere dal parabrezza.
Lavorare, diciamocelo, quasi sempre è una gran deviazione dal benessere.
I R.E.M., di Athens, Georgia, sono una delle band fondamentali dell’ultima parte del novecento.
I gruppi come il loto li chiamavano “college band” nei primi ottanta, perché uscivano dai circuiti universitari, firmavano con etichette indipendenti e rimanevano tangenti al circuito di primo livello.
I R.E.M. però da subito furono un caso a parte, e continuarono ad esserlo fino alla fine.
Una miscela di Byrds, Velvet Underground e certa new wave sghemba fine anni settanta, un amore malcelato per la tradizione folk e country, l’apparente noncuranza (quando non proprio disconoscenza) di Beatles e poppettini britannici vari (invece i Beach Boys quelli li sanno a menadito).
Insomma, qualcosa di originale.
Ma talmente personale che quando fecero il botto quello vero nei primi novanta, quasi si trovarono impacciati a gestire lo status da rockstar messianica.
Il batterista Bill Berry prese su e (complice un aneurisma, non proprio un raffreddore) se ne andò,  lasciando gli altri in tre a gestire il dopo.
Quel dopo finì nel disco “Up”, col titolo ottimista ma coi suoni da veglia ipnotica.
“Daysleeper”, lo dice il nome stesso, è uno che dorme di giorno, ma non per narcolessia diurna, ma semplicemente perché lavora di notte.
“Ufficio smaltimento posta in arrivo, 3 del mattino.
I tagli al personale hanno innalzato il limite dell’età pensionabile
Le direttive vengono spedite, nessuno richiama, nessuna lamentela, la calma regna dappertutto“
La vita notturna è un limbo di sospensione emotiva.
Relazioni sociali, attenzioni, persino l’integrazione e la comprensione politica sfuggono al significato comune.
“So quello che accade di giorno dai ritagli di giornale
Le mie notti hanno il colore grigio del mal di testa“
Il lato romantico sta nel rapporto coatto con la solitudine, con la contemplazione dell’assenza.
Col rincasare quando invece il mondo si mette in moto, con la copernicana visione del riposo.
“Il suono dell’oceano è impostato a 9, mi rilasserò avvolto da questo paradiso e amore
Il letto mi attira quasi come una forza gravitazionale.
Sono un lavoratore notturno, dormo di giorno.“
A pensarci bene, un gruppo che per nome ha un acronimo di rapid eye movement (la famosa fase rem del sonno, la più profonda) è abbastanza ovvio scriva di dormienti.
Anche se il sonno del giusto è solo una parentesi color canna da fucile tra le parole “sveglia e caffè”.

“Per arrivare a timbrare il cartellino d’entrata alle 8 e 30 precise, Fantozzi sedici anni fa cominciò col mettere la sveglia alle 6 e un quarto: oggi, a forza di esperimenti e perfezionamenti continui, è arrivato a metterla alle 7:51… vale a dire al limite delle possibilità umane!”
a cura di Marco Ghiotto, autore di PopLife

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