Vuoi trovare lavoro? Non stare davanti al computer.
Aspetta e leggi, non alzarti proprio adesso. Il lavoro si cerca andando in giro a fare scouting, ovvero parlando con chi può assumerti, dimostrandogli che puoi aggiungere alla sua attività più valore di quello che paga per il tuo stipendio. Questo, ovviamente, non può succedere se stai davanti al computer. Il computer, a parte la ricerca di informazioni, ti da’ l’illusione dell’attività: ma nella ricerca del lavoro ogni risultato è proporzionale all’efficenza del mezzo che usi. se usi le tue relazioni, sei efficiente. Se stai sui social, molto meno. Quindi, non più di 1 ora al giorno sul computer. A cosa ti servono 1.000 contatti su linkedin? Il numero di Dunbar in sociologia indicherebbe il limite teorico al numero di persone con cui un individuo è in grado di mantenere una relazione stabile. Si dice che il numero sia un magico “150”. Ma quanto significativa può essere questa “relazione” per fissare poi il limite a 150? La risposta che in genere si riceve è lapalissiana: dipende dalla capacità di elaborazione del nostro cervello. Riflettiamo: io mi ricordo tutto – ma proprio tutto – degli ultimi pazienti e clienti individuali avuti negli ultimi 4 mesi. E’ un buon numero, in un anno supero Dunbar alla grande. Invece non ho una grande conoscenza del 70% dei miei 200 contatti su Linkedin, ma rispondo volentieri alle richieste di networking, perchè tanto il gioco su Linkedin è quello, e costa solo 1 click di fatica. A cosa serva quindi realmente quella vetrina virtuale di curriculum, credetemi, non lo ha mica ancora capito bene nessuno. Di certo c’è che il suo valore strategico per chi cerca lavoro è proporzionale alla fatica di quel click, cioè molto molto basso. Invece ha un valore maggiore per i recruiter, il cui obiettivo è avere la maggiore possibilità di scelta e di screening per escludere i candidati potenzialmente sbagliati o con un profilo scritto male, con un click. Ora, qualsiasi network è caratterizzato da valori decrescenti di conoscenza e intimità, ma anche soprattutto al livello di funzionamento psichico ed emozionale in cui sono posizionate le relazioni (dal livello minimo dell’ambiente fino alla grande altezza della condivisione di valori o mission): questo crea già una immagine bidimensionale dei network – ovvero su 2 assi. Se poi aggiungiamo l’ovvio, ovvero costrutti legati all’intimità, alle emozioni e alle relazioni affettive, creiamo una matrice tridimensionale, più simile ad un corpo fisico. Ma i social network, per l’appunto, non sono corpi tridimensionali. Per questo non funzionano così tanto come chi cerca lavoro spera ardentemente. Capito? In breve, il network va coltivato di persona, ed è possibile farlo solo partendo da obiettivi chiari e piacevoli (ad esempio, per cercare un lavoro che piace) che motivano alla costanza e soprattutto permettono un atteggiamento non predatorio. Se volete fare network, create un Job Club. Supererete il misero numerino di Dunbar di almeno 7 volte e i contatti li avrete tutti in mente perchè sono reali.
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