ADRIANO CELENTANO “Chi non lavora non fa l’amore”, pubblicato come singolo nel marzo 1970.
Questa la conoscono anche i bambini.
Però non passa mai di moda, come Arlecchino.
I fatti: Celentano è una megastar e nel 1970 già da un po’ ha iniziato a dir la sua su praticamente ogni cosa, città che si costruiscono là dove c’era l’erba, aborti selvaggi, e più in generale un mondo che siamo stati noi a rovinare quando invece altro non era che un capolavoro creato dal cielo.
Dio, natura e Adriano, questi i personaggi principali.
Ovvio che quando arriva la “controcultura” lui sia subito visto male.
Il passaggio tra i sessanta e i settanta è un po’ come un ipotetico passaggio a ritroso dal colore al bianco e nero.
Se solo poco prima si cantava di “mettere dei fiori nei vostri cannoni” adesso la realtà grigia, d’asfalto e borselli di pelle, ha il sopravvento e spalanca il portone al decennio della contestazione, delle lotte politiche, dei mitra delle bombe e dei sequestri.
Le fabbriche sono teatro di rivoluzioni abbozzate, collettivi in riunioni permanenti, contratti strappati col sangue e una caterva di scioperi.
Questo lo scenario.
Bene, a fine febbraio del 70 arriva, puntuale come equitalia, il festival di Sanremo e l’Adriano nazionale ci ha la sua cosa da dire.
“A casa stanco ieri ritornai, mi son seduto e niente c’era in tavola. Arrabbiata lei mi grida che ho scioperato due giorni su tre. Coi soldi che le do non ce la fa piu’, ed ha deciso che lei fa lo sciopero contro di me“
Scandalo.
L’italietta dei perbenisti che quasi mai son perbene, scorge indignata il limite oltrepassato del più bieco qualunquismo.
Ma come? Siam qui a lottare per un futuro migliore e questo mette la moglie prima del lavoro?
Lui dà di anca e rincara la dose:
“Allora andai a lavorare mentre eran tutti a scioperare e un grosso pugno in faccia mi arrivo’. Andai a piedi alla guardia medica, c’era lo sciopero anche dei tramvai. Arrivo li’ ma il dottore non c’e’, e’ in sciopero anche lui. Che gioco e’ ma come finira’?“
Apriti cielo.
Dargli del reazionario è il minimo. In pochissimi istanti la canzone diventa l’inno dei crumiri, e la vergogna dell’intera classe dei lavoratori.
Tutto questo mentre il poveraccio da una parte prende pugni se va in fabbrica e dall’altra se invece sciopera si sente dire dalla mogliettina che “chi non lavora non fa l’amore”.
Tra i due fuochi, a voler leggere bene, il molleggiato cerca di far presente il disagio sia al padrone che alla moglie, facendo a modo suo una battaglia per un equilibrio sano tra portafoglio, impegno e affetti.
Ma sono i settanta baby, e a chi ” et labora pro nobis” l’unica risposta è un “niet”!
Marco Ghiotto insegna e scrive di musica. E’ autore di PopLife
http://www.youtube.com/watch?v=7KhpzkCEQiA