Commento di un lettore sul lavoro al Sud

Faustino ci ha scritto il 19 gennaio – e la pubblichiamo:

Anche al Sud, dunque, le occasioni di lavoro ci sono. Certo, ne occorrono di più, perché anche così il tasso complessivo di occupazione in Italia è troppo basso, e poi perché se aumenta la domanda aumentano le retribuzioni e la forza contrattuale dei lavoratori; ma già oggi i nuovi contratti si contano a milioni ogni anno. La ricerca del posto dovrebbe apparirci all’incirca come un succedersi di gare di dieci concorrenti per nove posti. Perché invece percepiamo il nostro mercato del lavoro – e soprattutto di quello meridionale ‑ come un grande “buco nero”, una trappola infernale dalla quale tenersi il più possibile alla larga? Come si spiega che, con tutti questi contratti di lavoro stipulati ogni anno, sia effettivamente così difficile per i disoccupati trovare un posto nel tessuto produttivo italiano? Cercheremo di rispondere a questa domanda nella prossima puntata, mettendo a fuoco il muro – più alto e più spesso rispetto ai Paesi del centro e nord-Europa – che da noi separa la domanda dall’offerta di lavoro. Qui c’è ancora spazio per un’osservazione: dalla riforma costituzionale del 2001, le nostre Regioni hanno una competenza legislativa e amministrativa piena in materia di servizi al mercato del lavoro e tutte ovviamente spendono risorse rilevanti per questo capitolo di bilancio; ma, dal Lazio in giù, nessuna delle nostre Regioni è in grado di fornire neppure il numero dei contratti di lavoro stipulati sul proprio territorio. Per non dire di tutti gli altri dati disaggregati che sarebbero indispensabili per governare efficacemente l’incontro fra domanda e offerta. Se esse stesse non conoscono nulla del proprio mercato del lavoro, come possono farlo conoscere ai lavoratori che ne avrebbero bisogno?

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